È di fondamentale importanza appressarci a questa cinematografia senza pregiudizi, considerandola il prodotto di un'epoca e non di un'ideologia: non cinema apertamente fascista, dunque, ma cinema e film del ventennio fascista(1).
Il controllo del passato era un’importante posta in gioco per il nuovo regime che infatti cercò di accreditarsi come il logico e inevitabile
coronamento delle epoche più gloriose della storia nazionale. Il fascismo si appropriò in primo luogo delle vicende legate alla Grande Guerra, considerate come il punto di svolta decisivo verso la
«nuova Italia», catalizzatrice delle forze nuove e rivelatrice della
«volontà profonda» del paese e delle sue «immense risorse morali». Evento attraverso il quale gli
italiani diventano «protagonisti», «masse» egemoni. E la vittoria, resa possibile dalla sofferenza e dalla «superiorità
morale» degli italiani, e soprattutto dei reduci giovani, diviene «vittoria di popolo».
Caporetto e Vittorio Veneto rappresentano gli archi
portanti di tale mitologia della Grande Guerra ri-proposta dall’ideologia
fascista che, compresa la rilevanza del conflitto nella memoria collettiva
nazionale, gli diede «un senso e un significato» e lo recuperò in senso
positivo, facendone uno spartiacque tra passato, presente e futuro. Il partito fascista rappresentò se stesso, dunque, come erede legittimo della tradizione combattentistica, paladino dei giovani reduci, incarnanti lo “spirito” della Grande Guerra(2).
L’analogia e la “continuità” tra l’eroismo dei
giovani fanti della Grande Guerra e quello delle “camicie nere” veniva messa in rilievo in
tre film, tutti del '23: Passione di popolo, di Giuseppe Sterni, il mediometraggio Le tappe della gloria e dell’ardire
italico, di Silvio Laurenti Rosa, che mostra con una rapida panoramica gli
ultimi eventi della Prima guerra mondiale, il dopoguerra e la marcia
su Roma; e Il grido dell’aquila, di Mario Volpe, che
afferma la continuità tra Risorgimento, Grande Guerra e fascismo. Quest'ultimo film, che utilizza i codici narrativi del melodramma, nella prima parte (ambientata nel teatrino di una piccola cittadina veneta, nel periodo della guerra, dove si trovano tutte le maschere d’Italia) racconta la storia di diversi personaggi (Sandro Foscari, un cieco di guerra, la sorella e il fratellino di Sandro, il tenenti Aldo e il «tenente poeta» Acerri) e della casa Foscari, colpita durante un attacco aereo che causa la morte del fratellino di Sandro. Il tenente poeta allora scrive e realizza una commedia per le maschere trovate
abbandonate nel teatro, ma la recita viene interrotta dalla notizia di
Caporetto e dall’arrivo dei soldati austriaci. Il seguito del film, ambientato nel
dopoguerra, evidenzia anzitutto le tensioni sociali di quel periodo, mostrando uno sciopero e la lotta politica con i
“rossi” socialisti, coi quali si è messo Aldo. Tutto sfocia nella “redenzione” dello stesso Aldo, il quale partecipa alla marcia su Roma delle Camicie Nere che sfilano davanti al monumento del
Milite Ignoto(4). Se ne Il grido dell’aquila, la guerra è dunque praticamente
assente, non è certo priva d’importanza nell'andamento della vicenda, in quanto viene percepita come antecedente
fondamentale del fascismo, sua vera «matrice»: il film quindi pone al centro della rappresentazione collettiva del passato
l’immagine della Grande Guerra, una vicenda che «era penetrata nelle fibre più
intime di milioni di persone», divenendo patrimonio collettivo, parte
ineliminabile dell’ «immaginario» nazionale(5).
Nei film dello stesso filone di produzione non napoletana, gli stessi temi sono raccontati con meno enfasi e retorica
melodrammatica. Ne citiamo alcuni che alle tematiche dette aggiungono quella del contrasto tra fratelli. Brigata
Firenze, di Gian Orlando Vassallo, è una pellicola incentrata appunto sul motivo dell'ostilità tra due giovani fratelli di carattere antitetico (uno «patriota» l'altro «infingardo»), ed è infine la resipiscenza del secondo a riportare la pace
in famiglia. In Redenzioni d’anime del già citato regista Silvio Laurenti Rosa lo scontro tra fratelli nasce da un episodio familiare: durante uno scontro fisico tra i due, la madre, intervenuta a dividerli, viene colpita e creduta morta. Il “colpevole”, fuggito in Francia, si arruola volontario nell’esercito francese, mentre il fratello viene reclutato in quello italiano. Questi muore eroicamente mentre il fuggiasco, distintosi in guerra, torna redento al paese ritrovando viva la vecchia madre(7).
L’aviazione diviene uno dei temi preferiti dalla retorica fascista, in quanto protagonista della vittoria e simbolo della modernità e dello sviluppo industriale. Fu dunque la produzione cinematografica di documentari e di film di finzione (dal film di Laurenti Rosa agli ultimi del ventennio nel 1943) ad elaborare un vero e proprio mito del volo(8).
Stefano Cò
---------------------------------------------
Note:
1) Sui film prodotti negli anni ’20 vedi i quattro libri di Vittorio
Martinelli, Il cinema muto italiano, in “Bianco e Nero”, Edizioni Bianco
e Nero/Centro Sperimentale di Cinematografia, Roma, 1980-81; sulla letteratura e sulla
distinzione tra cinema fascista e cinema del ventennio vedi l’analisi sintetica
di Gianfranco Miro Gori nel capitolo “Il film storico: una fonte per la storia”
del suo libro Patria diva. La storia d’Italia nei film del ventennio, La
casa Usher, Firenze, 1988, pp. 11-15.
2) Per il controllo del passato, la creazione del mito della Grande
Guerra da parte dell’ideologia fascista vedi Gianfranco Miro Gori, Patria
diva. La storia d’Italia nei film del ventennio, op. cit. pp. 58-59; per il
rapporto tra giovani reduci e regime fascista vedi i vari riferimenti in Robert
Wohl, op. cit., pp. 290-ss., Patrizia Dogliani, op. cit., pp. 104-105, Luisa
Passerini, nel saggio “La giovinezza metafora del cambiamento sociale”, in
Giovanni Levi e Jean-Claude Schmitt (a cura di), Storia dei giovani. II.
L’età contemporanea, op. cit., pp.; Jon Savage, op. cit., pp. 211-212.
3) La citazione sul/dal primo film è tratta da Vittorio Martinelli,
“Primi approcci tra cinema e fascismo”, in Immagine. Note di storia del
cinema, n. 10, aprile-maggio 1985, p. 7; sul secondo documentario di
Comerio, che venne finanziato dalla federazione fascista di Milano, vedi
Gianfranco Miro Gori, Patria diva. La storia d’Italia nei film del ventennio,
op. cit. p. 59.
4) Sul piano dell’opera, diviso in quattro parti - gli episodi più
gloriosi della prima guerra mondiale, gli sforzi nazionali per la guerra, crisi
morale e materiale dopo la vittoria e prime lotte fasciste, esaltazione
nazionale dell’esercito, della marina e del fascismo -, e la scarsa accoglienza
della stampa e del pubblico; sulla mutilazione della copia disponibile presso
la Cineteca Nazionale di 300 metri, la lacuna è appunto tra Caporetto e il
primo dopoguerra; sulla trama più completa della seconda parte, vedi Gianfranco
Miro Gori, Patria diva…, cit., pp. 66-67.
5) Per la trasmissione delle varie eredità storiche apportate dai
personaggi dei reduci del film e per il messaggio schematico, retorico, ma
rilevante dell’appropriazione della memoria della grande guerra da parte dei
fascisti, vedi Gianfranco Miro Gori, cit., p. 67-68; la citazione è tratta da
Pier Giorgio Zunino, L’ideologia del fascismo. Miti, credenze e valori nella
stabilizzazione del regime, Il Mulino, Bologna, 1985, pp. 104-105.
6) Tra di essi, La leggenda del Piave, grande successo del 1924,
ricco di avvenimenti romanzeschi, di scene madri, che divide in modo manicheo i
personaggi tra buoni e cattivi, tra i primi la giovane protagonista, tra i
secondi una spia austriaca che, respinta, tenta di violentarla riuscendoci solo
quando le file austriache sfondano le linee a Caporetto, ma messo in fuga dal
giovane amico della protagonista che muore «sventolando sulla cima di quota 218
il vessillo italiano che indica alle truppe l’ordine dell’avanzata» (“La
rivista del cinematografo”, n. 7, luglio 1932, citato in Gianfranco Miro Gori,
cit., p. 61); sui modelli narrativi simili e sulle brevi trame delle produzioni
napoletane, tra cui alcuni film della regista Elvira Notari, autrice che è
stata rivalutata negli ultimi anni, vedi Gianfranco Miro Gori, cit., p. 61.
7) Su tali film in cui ricompare il tema del reduce mutilato o che trova
al ritorno la fidanzata sposata, sui vari titoli di Redenzione d’anime,
e sulla ripresa del tema patriottico dai film degli anni dieci vedi Gianfranco
Miro Gori, cit., p. 61-62.
8) Per una recensione de I martiri d’Italia che riconosce la
continuità storica scrivendo «1915-18 e 1922: quarta guerra d’indipendenza,
Marcia su Roma, avvento del Fascismo. La storia d’Italia può dirsi storia di
Rivoluzioni» (G. Faraci, in La vita cinematografica, aprile 1927) vedi
Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano, op. cit; per il mito
fascista del volo e il vero e proprio genere creato dalla cinematografia
italiana con i tredici titoli, seguendo involontariamente l’esempio di quella
americana, vedi Gianfranco Miro Gori, cit., pp. 62-63.
Nessun commento:
Posta un commento