«Dietro front!»
«Avanti!»
«March!»
I comandi, secchi e stentorei, oltre a farci sobbalzare, sembrano indurre anche l’aria a vibrare e il sole a splendere maggiormente. Obbedisco a tutto senza riflettere: è bene, quando si è sotto le armi, atrofizzare l’io personale e diventare un semplice ingranaggio della grande macchina.
Walter Giorelli
(da Il sorriso dell'obice di Dario Malini, Mursia editore)
La guerra opera come un colossale meccanismo di cui l’uomo non rappresenta che un ingranaggio. Alla stregua di un oggetto, l’essere umano perde i suoi connotati, ed è privato di ciò che lo rende nobile. Artisti differenti, presenti nei diversi fronti, da Bucci a Orlik a Broquet, hanno percepito questa metamorfosi enfatizzando tale condizione disumanizzante propria della guerra moderna.
Les travailleurs au canal raffigurati in una acquaforte di Broquet (datata 1917) sono altrettante macchine da lavoro. Non diversamente dagli ingranaggi di una catena di montaggio si accingono ciascuno a svolgere esclusivamente il proprio specifico compito: predisporre un pezzo di filo spinato per delimitare la zona del campo francese. Riprendendoli di spalle, senza mostrarne il volto, l’artista ha inteso evidenziare il loro agire anonimo e senz’anima, nel freddo di un paesaggio innevato.
Le colonne in marcia nelle acquaforti di Bucci (Colonne en marche, 1917) e di Orlik (Österreichische munitionskolonne an der serbischen grenze, 1918) sono file di uomini in movimento simili a convogli, tutti uguali, utili al solo fine di trasportare munizioni.
Non contano nella loro singolarità, ma solo come un insieme bruto da dispiegare nella grande carneficina bellica.
Carol Morganti
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